Background

I pazienti con fibrillazione atriale cronica raggiungono un’ottimale riduzione del rischio embolico quando sono posti in trattamento anticoagulante orale. Tale trattamento è risultato più efficace rispetto ad una terapia con antiaggreganti – acido salicilico o altre molecole –  in numerosi studi clinici controllati.

Le molecole attualmente impiegate per questo scopo appartengono alla classe dei dicumarolici. Il warfarin, in particolare, è il farmaco somministrato più di frequente, in monodose quotidiana, per via orale.

Il principale problema del trattamento anticoagulante orale è connesso alla procedura piuttosto complessa di monitoraggio del dosaggio del dicumarolico; tale necessità introduce problemi di accesso al trattamento e di aderenza ad esso dopo l’avvio. Ne consegue che solamente una piccolissima parte dei pazienti con fibrillazione atriale cronica fruisce di questa profilassi ottimale.

Un altro aspetto limitante è rappresentato dal fatto che la maggior parte dei pazienti con fibrillazione atriale ed in profilassi tromboembolica primaria con anticoagulanti orali presenta una ridotta attitudine all’attività fisica. Tale limitazione è stata associata anche ad una significativa riduzione della qualità della vita nel lungo termine.
Sebbene sia ben documentata in letteratura per questi pazienti l’opportunità e l’efficacia di una strategia riabilitativa, non è tuttora chiaro quale programma sia ottimale per il recupero di un soddisfacente stato funzionale e psichico. Una limitazione all’esecuzione di studi clinici controllati in tal senso è rappresentata dalla difficoltà, rilevante per la maggior parte di tali pazienti, a mantenere nel tempo un’aderenza adeguata a protocolli continuativi d’esercizio fisico. Mancano altresì in letteratura studi prospettici adeguatamente controllati con dati comparativi fra diversi protocolli d’intervento.