San Camillo de Lellis

Parla abruzzese la barella, così come il campanello per chiamare l’infermiere, così come la famosa tecnica del cambio delle lenzuola senza spostare il malato dal letto. E parla abruzzese la “consegna” che gli stessi infermieri devono riempire alla fine del loro turno, o la stessa suddivisione del lavoro in turni, ma anche le regole per l’aerazione e l’illuminazione delle corsie ospedaliere, così come la “comoda”, la sedia che funge da gabinetto. In una parola: parla abruzzese l’assistenza infermieristica moderna perché parla o, meglio, parlava abruzzese l’inventore di tutto questo: San Camillo de Lellis, cui è intitolata la nostra Fondazione.

Il burrascoso soldato di ventura, nato a Bucchianico (Ch) il 25 maggio 1550, amante del gioco e dalla vita dissoluta, dopo la conversione rivoluzionò il modo stesso di intendere la sanità con la sua genialità, la sua concretezza, la sua passione, ma anche, se non soprattutto, reintroducendo nell’ambiente ospedaliero un’esperienza che il Rinascimento umanista – siamo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo – aveva rovinosamente obliterato: la carità per la persona che soffre. E allora, sembra di sentire il timbro tutto abruzzese di questo sacerdote gigante allorquando ammoniva energicamente – “stressava” diremmo noi lavoratori del Terzo millennio – i suoi infermieri intenti ad assistere i malati, gli appestati, i derelitti: “Più cuore! Più anima alle mani!”.

Camillo de Lellis, del resto, non lo si capirebbe fino in fondo se non si prende in considerazione che cosa è il “cuore” dell’uomo, cioè quella sete di verità e di felicità che mobilita chiunque. Ebbene, la grandezza del patrono dei malati sta nel fatto che disse sì con energia e senza scendere a compromessi a chi compiva totalmente il suo cuore: Gesù, incontrato a venticinque anni lungo la strada che lo conduceva da San Giovanni Rotondo a Manfredonia, nelle Puglie. Era il 2 febbraio 1575: da allora Camillo si diede anima e corpo ai suoi “signori e padroni”, i malati e i sofferenti.

Camillo muore a Roma il 14 luglio 1614 ed è stato canonizzato nel 1746 da papa Benedetto XIV e, insieme con san Giovanni di Dio, patrono universale dei malati, degli infermieri e degli ospedali. È, inoltre, patrono della Sanità militare e della regione Abruzzo, insieme con San Gabriele dell’Addolorata.

il il 14 luglio 1614 e venne canonizzato nel 174614 luglio 1614 e venne canonizzato nel 1746